The Fabelmans

📍 Bologna
Jacopo Donati
Poster di The Fabelmans (2022)

The Fabelmans (2022)

Quando un film supera le due ore, ecco che suona il campanello d’allarme. A volte il campanello non è giustificato e i 140, 160, 180 minuti in realtà si muovono più velocemente del normale. Altre volte (molte volte) è indice che qualcosa è andato storto.

The Fabelmans è un film attraente per molti motivi: c’è la crescita artistica ed emotiva del protagonista, c’è l’America borghese degli anni ‘50, c’è la miglior Michelle Williams che abbiate mai visto1. I problemi che il protagonista incontra non sono mai soverchianti e gli aiuti che ottiene sono sempre sufficienti. Se siete artisti, c’è una conversazione molto bella che il protagonista ha con il prozio. A tratti è retorico senza però esserlo mai in maniera stucchevole. Il film è bello, ma qual è il centro di The Fabelmans a me non è chiaro, e sono convinto che se fosse stato girato da un altro regista (uno con meno talento, uno meno ammaliante), il film non avrebbe avuto il medesimo successo. È un bell’aneddoto, ma non è una storia, e questa mancanza si nota proprio per la lunghezza.

Un film ha la lunghezza necessaria per raccontare ciò che deve raccontare con i respiri di cui necessita per mantenere un ritmo che non sia né stancante né noioso. A dettare questi tempi, però, è la storia, che ha un inizio, un centro e una conclusione. L’aneddoto, al contrario, non ha la medesima struttura che lo sostiene, e questa è la ragione per cui anche gli aneddoti migliori lasciano un sapore di apertura e mancanza di concretezza.

Il modo in cui l’aneddoto colma questa mancanza, a volte, è con la ricchezza. In un ciclo di conferenze2 E.M. Forster sostiene che una buona storia non lascia fili sciolti, ma tutto ciò che mette in moto in qualche modo trova un compimento prima che venga scritta la parola fine. L’aneddoto, al contrario, può fare dei fili sciolti il suo punto di forza.

È esattamente questo ciò che accade in The Fabelmans, ed è questa la ragione della sua lunghezza. Le cose belle che contiene sono molte, a volte vagamente collegate tra di loro, spesso quasi interamente indipendenti. Per mostrare tutta questa ricchezza, però, serve tempo.

  1. Per quanto io abbia amato Everything Everywhere All At Once e per quanto Jamie Lee Curtis sia stata bravissima, agli Oscar del 2023 il premio come miglior attrice non protagonista sarebbe dovuto andare a Michelle Williams. 

  2. Le conferenze furono tenute al Trinity College di Cambridge nel 1927, e sono state raccolte in un libro intitolato Aspetti del romanzo

Recensione pubblicata il 01/03/2023